Aggiornato a giugno 2022

Economia

PIL, mercato del lavoro, settori

23-06-2022

Nel 2020 Milano accusa la recessione pandemica, ma il rimbalzo nel 2021 è consistente

Nel 2020 tutte le città globali confrontate accusano la recessione pandemica, ma con intensità assai differenti. All’estremo inferiore si collocano Barcellona e Madrid, con crolli di PIL a doppia cifra (-11,3% e -10,1% rispettivamente), mentre all’estremo superiore ci sono Berlino (con una flessione del -3,8%) e San Francisco (che rallenta ‘appena’ del -0,8%). Milano registra una diminuzione del valore aggiunto del -6,7%, riportando un bilancio migliore rispetto a quello nazionale, dove la caduta è del -8,8%. Secondo queste stime, le più aggiornate di fonte Prometeia, il capoluogo lombardo ha così performato sopra le attese, rivelando un bilanciamento più favorevole tra la ripartenza veloce del manifatturiero e dei servizi alle imprese e la frenata persistente dei servizi turistici e alla persona, particolarmente colpiti dalle misure anti contagio. Nel confronto con i rispettivi Paesi di appartenenza, anche San Francisco e Londra, così come Berlino, Madrid, il Bayern con Monaco si dimostrano più resilienti, mentre accusano conseguenze economiche maggiormente severe Amsterdam in particolare, Chicago, Barcellona, New York, l’Île de France con Parigi. 

Dopo il crollo del 2020, il rimbalzo nel 2021 è ovunque consistente (+6,4% il valore aggiunto a Milano), ma tra le città considerate solo New York e Chicago riescono in un solo anno a tornare (o anche superare) i livelli di PIL antecedenti la pandemia. Milano e Berlino si avvicinano al pre Covid, con a fine 2021 un divario sotto il punto percentuale (-0,7% e -0,6% rispettivamente sul 2019). Le altre città sono più distanziate, soprattutto Barcellona (-6,4% il gap) e Madrid (-4,6%), ma pure Amsterdam (-3,4%).

La caduta del PIL di Milano nel 2020

-6.7%
+6.4%

Il rimbalzo del PIL di Milano nel 2021

La crisi pandemica produce effetti con diversa tempistica e intensità sulla disoccupazione nelle città globali

La crisi pandemica produce effetti con diversa tempistica e intensità anche sulla disoccupazione, in questo riflettendo differenze nei meccanismi regolatori dei mercati del lavoro. Tra il 2019 e il 2020 nelle città americane il tasso di disoccupazione più che raddoppia, passando dal 3,6% al 10,3% a New York e dal 3,9% al 9,5% a Chicago, e addirittura triplica a San Francisco, dal 2,7% all’8,3%. L’impatto sulla disoccupazione è decisamente più contenuto in città come Barcellona, Londra, Tokyo e addirittura in alcune aree urbane europee non si evidenzia nei tassi: è il caso di Parigi, Monaco, Berlino e anche di Milano. Approfondendo la dinamica del capoluogo lombardo, la stazionarietà del tasso di disoccupazione al 5,9% nel 2020 nonostante la diminuzione annua degli occupati (-48 mila) è da leggere congiuntamente al sostenuto incremento degli inattivi che escono dalle forze di lavoro (+66 mila); dinamiche su cui incidono anche le misure adottate per contrastare gli effetti dell’emergenza.

Nel 2021 il graduale rientro delle misure nazionali di sostegno all’occupazione induce una crescita del tasso di disoccupazione a Milano, al 6,5% in media d’anno. Solo Londra registra un profilo di crescita similare. Tutte le altre città benchmark scendono o stazionano nel 2021, ma con differenze nel recupero rispetto al pre Covid: Parigi e soprattutto Berlino e Monaco riportano un tasso più contenuto, mentre le grandi città americane e Barcellona non chiudono il divario aperto dalla pandemia.

Un ultimo aspetto da rimarcare è la divergenza tra città e Paese: a Milano così come nella quasi totalità delle città benchmark, le tensioni sul fronte disoccupazione permangono maggiormente che a livello nazionale (fanno eccezione le tedesche Berlino e Monaco).  

6.5%

Milano

tasso di disoccupazione nel 2021

3%

Tokyo

3.5%

Monaco

5.6%

San Francisco

6.0%

Londra

6.2%

Chicago

6.4%

Parigi

7.3%

New York

7.8%

Berlino

11.2%

Barcellona

Alla fine del 2022 il PIL di Milano supera i livelli del 2019 del +2,2% e l’occupazione torna in linea, ma con differenze tra settori

Per quanto riguarda le prospettive economiche, oggi più che mai va rimarcato come ogni esercizio di previsione sia soggetto a profonda incertezza, considerato l’intreccio di numerosi rischi: la pandemia, l’instabilità geopolitica conseguente alla guerra in Ucraina, la volatilità dei prezzi energetici e delle materie prime, le pressioni inflattive, le politiche monetarie. Tuttavia, il PIL di Milano alla fine del 2022 è atteso superare il 2019 del +2,2% e nel 2023 si attesterà a +4,8% (dati riferiti al valore aggiunto, di fonte Prometeia). In parallelo, l’occupazione è prevista riallinearsi ai livelli pre Covid nel 2022 (+2,3% nel 2023). 

Questa performance complessiva sintetizza tempi e progressioni differenziati di ripresa tra le diverse parti dell’economia della città: il valore aggiunto dell’industria già nel 2021 è sopra ai livelli 2019 (+4,3%), così come quello delle costruzioni (+11,2%), mentre l’orizzonte del recupero ritarda al 2023 per i servizi e il commercio (nel complesso del 2021 il macro comparto era ancora a -2% rispetto al pre Covid).

Infine, i consuntivi puntuali dei settori al primo trimestre 2022 confermano queste indicazioni generali: il fatturato del manifatturiero è ampiamente sopra ai valori del 2019 (+21,3%), così come quello dei servizi alle imprese (+11,4%). Nei primi tre mesi dell’anno rimane invece largamente negativo il bilancio delle vendite dei servizi alla persona (-20,7%) e degli alberghi e ristoranti (-31,6%), penalizzati dalla massima diffusione di Omicron in città. Anche il commercio continua a soffrire tra gennaio e marzo, più nei prodotti non alimentari (-14,9% il fatturato nel primo trimestre 2022 rispetto al 2019) rispetto ai beni alimentari (-4,0%).

 
 
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