Nelle aziende che hanno introdotto strutturalmente il lavoro da remoto, la compatibilità delle mansioni è quasi sempre la condizione di accesso prioritaria a tale modalità organizzativa (96%), seguita dall’adeguatezza della connessione (62% delle aziende). Meno rilevante è l’appartenenza ad aree aziendali predeterminate (42%), segno di una crescente consapevolezza che la possibilità di lavoro da remoto è legata al lavoro specifico più che alla collocazione funzionale. Infine, 1 azienda su 4 vincola la possibilità di smart working alla frequenza di un corso di formazione mirato.
L’attenzione alla formazione, in particolare a quella per la sicurezza (al di là di quella obbligatoria) e a quella dedicata ai manager, emerge anche con riferimento agli investimenti necessari: solo il 19% delle aziende non ne prevede in questi ambiti. Tra gli investimenti “fisici”, la quasi totalità delle imprese (81%) segnala la necessità di pc portatili, mentre investimenti sullo smartphone aziendale sono circoscritti al 38% delle aziende. Rilevante appare invece l’attenzione alla sicurezza informatica: in ben 4 aziende su 10 gli investimenti fisici sono concentrati su strumenti di protezione. Riorganizzazione di spazi e potenziamento di infrastrutture ICT hanno, poi, coinvolto circa il 30% delle aziende.
Le aziende che segnalano la necessità di cambiamenti nella gestione delle risorse connessi allo smart working sono solo il 40%, una quota sorprendentemente contenuta considerando l’impatto che tale organizzazione del lavoro comporta: in 1 azienda ogni 3 è stato introdotto un sistema di valutazione basato sul raggiungimento di obiettivi, ma solo l’1% ha adottato parametri specifici di produttività per chi lavora a distanza.
Infine, è opportuno rimarcare le opportunità ma anche i rischi connessi allo smart working.
Avendo concesso una sola possibilità di scelta, quasi la metà delle aziende che ha collaborato all’iniziativa ha guardato alla ricaduta positiva per i propri collaboratori (conciliazione vita-lavoro 31%, fidelizzazione e attrattività aziendale 17%), mentre il fattore economico è quello principale per meno di un quarto delle aziende (orientamento al risultato 13%, miglioramento delle performance 6%, ottimizzazione dei costi per l’utilizzo degli spazi 4%), mentre il rimanente 28% non ha fornito indicazioni.
Dal lato del principale rischio, il più citato è l’impatto sull’interazione delle persone, sommando la minor comunicazione (29%) e il minor contributo all’innovazione (15%), mentre il possibile conflitto tra dipendenti eligibili e non raccoglie ormai un numero esiguo di segnalazioni (4%).