Il 2020 è stato uno shock per l’economia. La caduta complessiva di Milano è senza precedenti e sfiora il -11% in termini di valore aggiunto, con un bilancio più severo di quello nazionale e di quello lombardo perché, al pari della regione, qui i contagi sono stati più diffusi e perché la struttura produttiva della città, più orientata ai servizi, ha patito maggiormente le limitazioni ai contatti. Sebbene siano tempi di profonda e crescente incertezza, gli analisti concordano che il 2021 sarà un anno di rimbalzo, con una crescita attesa consistente del +5,3% che tuttavia non permetterà di colmare le perdite. Il recupero dei livelli pre pandemia si avrà solo nel 2023.

Questo quadro generale sintetizza impatti, tempi e progressione del recupero estremamente differenziati tra settori. Il manifatturiero e i servizi alle imprese chiudono l’annus horribilis con perdite di produzione e fatturato importanti ma più contenute di quelle registrate dal commercio al dettaglio, dai servizi alla persona, dalla ristorazione e, soprattutto, delle attività legate al turismo.

Le conseguenze su Milano saranno in parte transitorie e in parte definitive. La pandemia accentuerà le sfide di definizione degli equilibri interni alla città e con il territorio circostante, aggiungendo nuove cicatrici a quelle del passato ma sommando anche nuove opportunità di slancio innovativo e competitivo. Sicuramente, il post Covid-19 non potrà essere un ritorno allo status quo ante. 

A questo proposito, si individuano quattro primi elementi di cambiamento di Milano nel 2020, sui quali riflettere per provare a interpretare le possibili evoluzioni e le sfide in prospettiva.

Primo, lo smart working. Milano, da anni laboratorio di sperimentazione del lavoro a distanza, più di altri territori è stata in grado di assorbire il contraccolpo delle improvvise chiusure imposte dall’emergenza e di assecondare con gradualità le successive riaperture. Il consolidamento nel medio termine di nuove modalità di lavoro e il raggiungimento di nuovi equilibri tra vita e lavoro, tuttavia, impatterà in modo rilevante su tempi e spazi della città. Questo anche alla luce del fatto che nel post pandemia l’utilizzo del lavoro da remoto sarà ben più diffuso che nel passato, coinvolgendo, secondo le proiezioni delle aziende, il 75% delle realtà industriali e dei servizi alle imprese nel Comune di Milano (erano il 43% prima dell’emergenza) e il 54% nell’hinterland (dal 20%).

Secondo, la mobilità. Le restrizioni per contenere i contagi, lo smart working, i cambiamenti nei paradigmi di consumo e più in generale le minori esigenze di spostamento conducono a una domanda di mobilità oggi più contenuta e profondamente diversa rispetto a prima della pandemia, sia con riferimento ai luoghi di destinazione sia nelle modalità di traporto. Tra febbraio 2020 e gennaio 2021 si registra un livello costantemente superiore dei movimenti o, più propriamente, della permanenza nelle zone residenziali, mentre gli spostamenti per il tempo libero, lo shopping, la cultura e quelli per motivi di lavoro sono in forte riduzione (entrambi oltre al -40%). Inoltre, al crollo dell’uso della metropolitana (-71% negli ultimi undici mesi) e dei movimenti a piedi, si contrappone una riduzione più contenuta del ricorso al mezzo privato (-40%). Tutto questo si riflette dopo l’estate in una crescita importante della congestione in città, che sul finire del 2020 presenta addirittura picchi superiori ai livelli antecedenti la pandemia, nonostante gli spostamenti complessivi rimangano inferiori. 

Terzo, l’attrattività. Tra i risultati attesi si evidenzia la drammatica flessione dei turisti nel 2020: sono appena 2,2 milioni gli arrivi nella Città metropolitana (-73% rispetto al 2019) e le prospettive per il medio periodo rimangono molto modeste. Tra le sorprese in positivo giunge la tenuta delle iscrizioni di studenti internazionali negli atenei milanesi per l’a.a. 2020/21 (+5,6%), a suggerire l’importanza della leva ‘talenti’ nel modello di attrattività di Milano anche in futuro. Lato imprese, i 51 nuovi investimenti diretti esteri nel 2020 sono per quantità in calo rispetto all’eccezionale 2019 ma rimangono superiori al 2018 (e in questo Milano è in controtendenza rispetto all’Italia), grazie al confermato interesse degli investitori nei settori distintivi della città. Infine, la piazza immobiliare di Milano, pur sentendo l’impatto Covid-19, si mantiene tra le più dinamiche in Europa nel 2020 (settima tra le aree urbane) e in prospettiva (nona). Le evidenze numeriche suggeriscono una tenuta, quindi, dei fondamentali asset strategici della città, su cui far leva per la ripartenza.

Quarto, le diseguaglianze. Nel decennio precedente la pandemia, Milano si era caratterizzata per una aumentata polarizzazione e al contempo per una crescente diseguaglianza nei redditi della popolazione (l’8% con le maggiori capacità accentra il 41% dei redditi dichiarati nel 2018). Il 2020 è stato un anno in cui le diseguaglianze si sono amplificate, con l’emergere di bisogni di sostegno da parte di una più ampia platea di persone vulnerabili. Milano in questo ha reagito prontamente grazie al suo storico e vitale rete di sussidiarietà ambrosiana tra pubblico, privato e terzo settore. Esemplificativo è stato lo sforzo nel sostegno in campo alimentare, tale da essere riconosciuto come case study dalla World Health Organisation. 

Visione lunga e adattamento continuo dovranno incardinarsi con la storia, le vocazioni, il capitale sociale, il patrimonio strategico della città, ossia con quegli elementi che hanno guidato le straordinarie performance del recente passato. Le politiche dovranno ancora di più conciliare la spinta alla crescita e alla competitività con le tematiche di coesione sociale. 

LINK AL REPORT